
Mi permetto di chiedere il diritto di replica a quanto esposto dagli stimati Colleghi ed amici Lucio Cesarini, anche Lui conciliatore come me, e Leonardo Albano.
I lettori che vogliono conoscere cos’è e come funziona la media conciliazione (perché, l’istituto è rimasto vigente – per il momento – in forma volontaria), possono andare pure al mio sito dedicato www.conciliazione-lucera.it.
Dico “per il momento”, perché, da alcuni rumors, sembrerebbe (il condizionale ovviamente è d’obbligo) che, conosciute le motivazioni della Corte, l’obbligatorietà potrebbe essere reintrodotta a breve con il provvedimento di stabilità, per le motivazioni che avete letto nella mia lettera inviata al Ministro – che ringrazio per la cortese e pronta risposta – e non certamente per “…. la violazione di quel principio di libertà e di uguaglianza, tipico di qualsiasi democrazia che voglia considerarsi tale …”, come affermato dai miei stimati Contraddittori.
Una bellissima frase di grande effetto mediatico, degna della migliore clàcque di “Ballarò” o di “Anno Zero”.
Ma, scusatemi, cari Lucio e Leonardo, cosa c’entra il principio sostanziale di libertà (art.21 della Costituzione) ed uguaglianza (art.3 della Costituzione) con quello solo meramente formale, invece, accolto giustamente dalla Corte, per la violazione dell’iter procedimentale di emanazione di un decreto legislativo con eccesso di delega (art.77 della Costituzione)???
Giusto per far capire bene la vicenda a chi non è addetto ai lavori: la funzione legislativa appartiene solo al parlamento (deputati + senatori), ma il governo può emettere atti aventi forza di legge, o con approvazione preventiva (il decreto legislativo autorizzato a regolamentare una materia con una preventiva legge-delega del parlamento), o con approvazione successiva (il decreto–legge che vale 60 giorni e poi deve essere convertito in legge dal parlamento, altrimenti decade).
Il nostro caso appartiene alla prima ipotesi: la legge delega, formalmente, non prevedeva l’obbligatorietà della mediaconciliazione ed il governo, invece (e questo è l’eccesso di delega censurato dalla Corte), l’ha introdotta nel decreto legislativo.
Sapete bene che questa è soltanto un’anomalia formale, e non sostanziale (rammenterete, ad esempio, l’ipotesi dell’ergastolo nel rito abbreviato, dapprima dichiarato incostituzionale per eccesso di delega e poi ripristinato con legge ordinaria).
La domanda giusta, tuttavia, è: perché è nata la mediaconciliazione e perché in questo modo?
Augurarsi che, come affermate, essa “ …non decolli, ma venga riposta lì, tra le sciagurate riforme legislative degli ultimi anni …”, mi lascia veramente perplesso, perché, di fronte allo stato di coma profondo in cui versa la nostra Giustizia, non proponete alcuna alternativa valida, ma vi limitate soltanto, con criticabile spirito nichilista, ad un “muoia Sansone con tutti i Filistei”.
Ne sia la conferma il fatto che il nostro Parlamento non avrebbe dovuto fare appositamente una legge ad hoc per ristorare il cittadino danneggiato dalle lungaggini dei processi, o che l’Italia deve pagare periodicamente (con i soldi di noi contribuenti) le salatissime multe milionarie che ci infligge la Comunità Europea a causa degli stessi motivi.
Ecco perché, di fronte alla palese impotenza dello Stato di assicurare giustizia in tempi, non dico rapidi, ma almeno decenti, nasce questo nuovo istituto (adottato da anni negli altri Stati, questi sì più civili di noi), come per dire: “ … cercate di trovare un accordo tra voi, perche se io Stato, con i milioni di processi pendenti debbo intervenire, non garantisco né i tempi, né i risultati…”
Assurge cioè a dignità legislativa il vecchio adagio “ …è meglio un cattivo accordo, piuttosto che una causa vinta …”: un po’ come i vecchi “infami di questura” promossi necessariamente a rango legislativo di “collaboratori di giustizia”, per sconfiggere – grande intuizione del gen. Dalla Chiesa – un terrorismo ed una mafia apparentemente invincibili.
I cittadini debbono sapere, inoltre, che l’obbligatorietà, in sé, non viola alcun principio costituzionale nella sostanza, tanto è vero che l’Europa aveva promosso il sistema obbligatorio italiano perché non alternativo o pregiudiziale rispetto al sistema giudiziario ordinario, ma solo deflattivo dell’immane carico giudiziario di milioni di processi.
Leggo ancora: “ … Infine, non si deve dimenticare che uno dei primi compiti del buon avvocato non è quello di fare causa, ma quello di trovare una giusta soluzione ai problemi dei propri assistiti, i quali non devono vedersi mercanteggiare i propri diritti innanzi a conciliatori, ma devono trovare soddisfazione nel riconoscimento delle proprie ragioni innanzi alle sedi giudiziarie …”
Anche questa frase, come quella di prima, meriterebbe uno scroscio di applausi, soprattutto da parte dei Colleghi contras.
I lettori debbono sapere che il tentativo obbligatorio di conciliazione non è un mercanteggiamento dei loro diritti: è solo una libera valutazione se conciliare i loro diritti disponibili in conflitto con altri (con un verbale positivo che sostituisce la sentenza), oppure, in caso negativo, se andare davanti al Giudice ed iniziare la loro causa (con un verbale negativo).
Il Vostro pregiato intervento si conclude, rammentando, anche al sottoscritto, credo, che siamo innanzitutto avvocati.
Bene! Se come Voi dite, “…il buon avvocato non deve fare causa, ma deve trovare una giusta soluzione al proprio cliente…” facciamo… i giochi di parole? Se non fate causa, come volete risorvergli il problema? Organizzando un duello nella nebbia mattutina della villa comunale e noi avvocati a fungere da padrini? Oppure, più pacificamente, rispondendogli che gli affamati di giustizia saranno saziati (non in questa vita, ovviamente)?
Eh si, cari Colleghi! Perché – non potendo ricorrere all’antico rito germanico del Giudizio di Dio con il cliente scalzo che, lento pede, saltella sui carboni ardenti – altre strade brevi, se non quella di accordarsi, purtroppo, non ce ne sono!
Bisogna spiegare alle persone che, se si va davanti ad un conciliatore, la procedura dura al massimo quattro mesi e che, con i costi relativi e detraibili fiscalmente, non si pagano neppure i bolli e l’iscrizione a ruolo e che, comunque, se qualcuno non vuole accordarsi, può tranquillamente andarsi a fare i suoi primi dieci anni di causa (in 1° grado).
Se, poi, dobbiamo dirla tutta, cari Colleghi, il tentativo di conciliazione previsto dal nostro Codice di Procedura Civile, che dovrebbe fare il giudice a causa iniziata, è solo una presa in giro e, nei miei ventotto anni di professione, nessuno – giudice ed avvocati – l’ha mai chiesta!
Potrei ancora dire che la nostra categoria è contraria perché con la conciliazione si perdevano opportunità di lavoro più remunerative - facendo causa - con l’abrogato sistema tariffario (ecco perché la conciliazione nel rito del lavoro non è mai decollata).
Potrei ancora aggiungere che, l’avversione forense nasce dall’esclusione dell’avvocato nella conciliazione dove la parte può stare da sola, conformemente agli standards europei, facendo sì che il professionista, non essendo obbligatorio, diventa un optional.
Ed ancora: la legge prevedeva che, a semplice richiesta, gli Ordini Professionali potessero diventare essi stessi Organismi di Conciliazione; i notai, che, poverini, se la passano già tanto male, lo hanno fatto invadendo abusivamente il nostro pascolo, noi avvocati, che viviamo nella nostra materia contenziosa, invece no!
E concludo con una mia personale riflessione di natura economica: da un lato c’è la crisi che ci attanaglia e che non finirà (se finirà) tanto presto, rendendo il cliente una persona sempre più povera e che stenta ad arrivare alla fine del mese, dall’altro c’è la nostra categoria, sempre più numerosa ed incapace (non per nostra colpa) di fornire risposte “giudiziarie” in tempi ragionevoli, ormai privata – per le spinte liberaliste europee – delle prerogative della vecchia legge tariffaria, con tutto ciò che ne deriva.
E’ ovvio che il cliente, se deve spendere una somma per l’avvocato, vuole anche dei risultati immediati, perché, altrimenti, rinuncerà sempre di più all’esercizio dei suoi diritti, dovendo dare la precedenza ad altre più necessarie priorità.
Ecco perché – stando così le cose – io, contrariamente a Voi, credo molto nelle ADR (Alternative Disputes Resolutions – Mediaconciliazione ed Arbitrato), già da tempo affermate nel diritto commerciale nel nord, Italia e che l’Avvocatura dovrà necessariamente cambiare mentalità.
E non ripristinando l’obbligatorietà della media conciliazione, significa non far decollare quest’importantissimo istituto così importante – in questo grave momento congiunturale – per i diritti dei cittadini, facendo sì che il carico ingentissimo di contenzioso esistente, soprattutto con la scomparsa del nostro glorioso quanto virtuoso Tribunale, aumenterà ancora di più a dismisura.
Ringrazio il direttore per il cortese spazio concessomi, salutando Lucio e Leonardo con stima ed amicizia.
avv. Antonio Dello Preite