
L'avvocato Antonio Dello Preite che per Luceraweb cura la rubrica di questioni legali
Buongiorno avvocato,
volevo sapere una cosa: se dovesse uscire un'amnistia adesso, una persona che è in attesa di processo per rapina e detenzione di armi, può usufruire dell'amnistia e uscire direttamente dal carcere?
Grazie.
Una moglie in pena
Gentile signora,
benché in questa pausa feriale i nostri parlamentari si sforzino a vario titolo di trovare una soluzione ai guai giudiziari del nostro ex premier, non accorgendosi di quelli quotidiani e non necessariamente tali di altri milioni di loro rappresentati, le debbo subito dire di non nutrire molte speranze, e questo per una serie di ragioni tecniche che spiego subito.
Innanzitutto dobbiamo distinguere tra due grandi categorie di detenuti: gli imputati in attesa di giudizio (o come si dice in gergo “giudicabili”), come suo marito, e quelli condannati perché hanno esaurito i tre gradi di giudizio, come il nostro cavaliere (o come si dice in gergo “definitivi”).
I primi, se si trovano in carcere, è perché sono sottoposti ad una misura cautelare che può essere revocata o attenuata in qualsiasi momento dal giudice che procede; i secondi, se si trovano in carcere o debbono andarci, è perché debbono espiare una pena.
Tenga presente che la rapina è un reato molto grave e, nel caso di specie, è anche aggravata (mi pare di capire che sia questa l’esatta imputazione a carico di suo marito) perché a mano armata (art.628, 3° comma del codice penale: da quattro anni e sei mesi a venti anni di reclusione, oltre alla multa da € 1.032 a € 3.098). Il fatto che suo marito sia ancora detenuto in custodia cautelare sta ad indicare che probabilmente ha precedenti penali e che viene ritenuto pericoloso se rimesso in libertà.
Ma, venendo alla sua domanda, occorre precisare che il nostro Codice Penale prevede che il Parlamento, con una maggioranza qualificata di due terzi (e qui con gli attuali schieramenti, la vedo già molto dura perché non ci sono i numeri) possa concedere dei provvedimenti di clemenza: l’amnistia e l’indulto.
L’amnistia estingue il reato, l’indulto estingue la pena, in tutto o in parte.
Il provvedimento può prevedere che taluni reati siano esclusi: ad esempio nell’ultimo indulto (L. 31.07.06 n° 241) erano esclusi dal beneficio taluni reati come l’associazione a delinquere di stampo mafioso (art.416 - bis CP), la violenza sessuale (art.609 - bis CP), l’usura (art.644 CP) ed altri ancora.
In genere l’amnistia viene concessa per i reati non particolarmente gravi: l’ultima del 1990 prevedeva, con qualche eccezione, che venissero amnistiati i reati puniti con la pena nel massimo non superiore a quattro anni (ad esempio, la minaccia, le percosse, la truffa semplice, le contravvenzioni ecc. ecc.): se viene promulgata un’amnistia ed il soggetto si trova sotto processo, il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere per sopraggiunta estinzione del reato e la cosa finisce lì.
Diverso è il caso dell’indulto che condona la sola pena o, in genere, parte di essa: l’ultimo provvedimento del 2006 prevedeva uno sconto di pena non superiore a tre anni per le pene detentive (reclusione ed arresto) ed € 10.000 per le pene pecuniarie (multa ed ammenda). In questo caso il processo si celebra ugualmente e il giudice, se pronuncerà una sentenza di condanna, dichiarerà anche condonata l’intera pena o parte di essa.
Data l’attuale notorietà, è questo il caso, ad esempio, di Silvio Berlusconi, condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione – tre anni di indulto = un anno di pena residua da scontare (oltre all’interdizione dai pubblici uffici come pena accessoria sulla cui quantificazione dovrà pronunciarsi la Corte d’Appello).
Un altro provvedimento di clemenza – che però è rivolto alla singola persona e non a chiunque – è la grazia, di esclusiva competenza del Presidente della Repubblica, quale che sia il reato e quale che sia la pena.
Facciamo, ad esempio, il caso del giornalista Alessandro Sallusti (su cui sono già intervenuto nella rubrica “Avvocato sul web”) che, dovendo scontare un anno e due mesi di carcere, tra roboanti affermazioni di voler affrontare a testa alta il carcere e di non richiedere alcuna misura alternativa, si è poi affrettato ad usufruire in silenzio della grazia appositamente confezionata per lui.
Concludendo, nell’ipotesi da lei prospettata, laddove sia concessa amnistia, non credo che essa sia applicabile al grave fatto commesso da suo marito che, invece, potrebbe beneficiare di un eventuale indulto, al momento in cui sia pronunciata una sentenza di condanna, sempreché quel reato non sia espressamente escluso dal relativo provvedimento.
Auguri.
avv. Antonio Dello Preite
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