25/01/2021 08:54:37

I rischi di avere droga e bilancino

Buongiorno avvocato, 
nell’aprile 2017 i carabinieri mi hanno sorpreso con 4 grammi di marijuana e un bilancino. Con il passare del tempo ho sperato nell'archiviazione da parte del P.M. ma questa non è avvenuta, anzi sono stato messo a conoscenza della fine delle indagini preliminari per art.73 e ho venti giorni per depositare una memoria difensiva. La mia domanda è: a che pena andrei incontro? Sono incensurato e questo è il mio primo "reato" e sono un lavoratore a tempo indeterminato presso la mia azienda. Ho paura che l'avvocato che mi è stato dato se ne sia disinteressato e non abbia fatto nulla per fermare questo. Mi trovo in una forte situazione di disagio portata chiaramente da questo fatto...
Attendo la sua cortese risposta.
Saluti

Il consumo di qualsiasi tipo di sostanza stupefacente, leggera o meno, è consentito solo se fatto per uso personale: in altre parole, chi decide di drogarsi non è penalmente perseguibile, ma lo è solo amministrativamente (art.75 DPR 09.10.90 n.309: “Chiunque, per farne uso personale, illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope è sottoposto, per un periodo da due mesi a un anno, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle I e III previste dall'articolo 14, e per un periodo da uno a tre mesi, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle II e IV previste dallo stesso articolo, a una o più delle seguenti sanzioni amministrative: a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni; b) sospensione della licenza di porto d'armi o divieto di conseguirla; c) sospensione del passaporto e di ogni altro documento equipollente o divieto di conseguirli; d) sospensione del permesso di soggiorno per motivi di turismo o divieto di conseguirlo se cittadino extracomunitario”.
Il problema sorge se si cede la droga ad altri, perché il cosiddetto “spaccio” è un grave delitto (art.73 DPR 09.10.90 n.309: “Chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall'articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000”.   
Caso emblematico è proprio quello della marijuana, sostanza psicoattiva che si ottiene dalle infiorescenze essiccate della cannabis, cioè delle piante femminili di canapa.
La canapa, di per sé, non è illegale, ma il problema è la quantità di sostanza psicoattiva in essa contenuta, perché in tutte le sue varietà, infatti, è presente, in concentrazioni e proporzioni variabili, il delta – 9 – tetra idro cannabinolo (comunemente detto thc), che è sostanza stupefacente, in grado di alterare la percezione psicosensoriale di chi la assume. 
Poiché la marijuana è un preparato derivante dalla canapa ed è sostanza avente thc elevato, il suo consumo è consentito solamente per uso personale o, eccezionalmente, per uso terapeutico: ciò significa che chi fuma marijuana non è penalmente perseguibile, ma rischia comunque di incorrere in una sanzione amministrativa.
Tuttavia, chi è colto alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti rischia, dal punto di vista penale, l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro e l’arresto da sei mesi ad un anno e, dal punto di vista amministrativo, la sospensione della patente di guida da uno a due anni, il tutto con pene aumentate nel caso in cui il conducente, sotto effetto di sostanze stupefacenti, abbia causato un incidente, abbia meno di 21 anni oppure abbia conseguito la patente di guida da meno di tre anni. (art.187 del Codice della Strada).
Poi, non sempre è facile capire se la droga trovata addosso ad una persona sia destinata all’uso personale oppure allo spaccio. 
Normalmente, per capire se le sostanze rinvenute siano cedute oppure tenute per sé le autorità fanno attenzione ad alcune circostanze, quali: 1) il quantitativo (una grossa dose difficilmente sarà destinata esclusivamente all’uso personale); 2) la presenza di accessori, quali coltellini, carta stagnola, bilancini e altri strumenti che, di solito, sono utilizzati per preparare la droga per la vendita; 3) la presenza di somme di denaro, introiti dello spaccio.
Fatta questa doverosa premessa e venendo al suo caso, il problema non è dato tanto dal quantitativo di sostanza stupefacente (4 grammi di marijuana), quanto dalla presenza del bilancino che, com’è noto, viene usato dagli spacciatori per tagliare e preparare accuratamente le dosi.
Nel suo caso ritengo che il PM le contesterà la detenzione a fine di spaccio.
Il rigore delle disposizioni sopra citate viene tuttavia mitigato dal 5° comma dell’art.73 il quale prevede che: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329”. 
Non so quale linea difensiva sia stata adottata, ma se il PM, opportunamente interpellato dal suo avvocato, per via del modesto quantitativo di sostanza, contestasse il 5° comma dell’art.73, la vicenda potrebbe essere definita, preliminarmente e senza conseguenze, con la messa alla prova prevista dagli artt.168-bis del Codice Penale e 464-bis e ss. del Codice di Procedura Penale.
Questa disposizione, recentemente introdotta nel nostro sistema penale, prevede che per i reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni (sarebbe il nostro caso), sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, l'imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova.
La messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. Comporta altresì l'affidamento dell'imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l'altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l'osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.
La concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità. Il lavoro di pubblica utilità consiste in una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto anche delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell'imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. La prestazione è svolta con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell'imputato e la sua durata giornaliera non può superare le otto ore.
La sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato non può essere concessa più di una volta ed è svolta sotto la vigilanza dell’ Ufficio di Esecuzione penale all’Esterno che predispone un programma.
Il giudice sospende il processo e, all’esito dello svolgimento positivo del programma, emette sentenza di estinzione del reato, senza alcuna trascrizione negativa nel casellario giudiziale: in altre parole lei rimane con la fedina penale pulita.
A mio avviso, questa potrebbe essere una soluzione soddisfacente.
Auguri per il felice esito della sua vicenda.

avv. Antonio Dello Preite

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