26/10/2022 07:50:39

La ‘No fly zone’ di Lucera per i droni

Sono in pochi a sapere che in Capitanata esistono due Comuni che presentano vere e proprie “No Fly zone”. Uno di questi è Lucera, dovuta alla presenza della casa circondariale in pieno centro cittadino che determina l’istituzione di una zona rossa con un cerchio immaginario che va praticamente dall’anfiteatro al castello. Ma non si tratta di ragioni legate ai monumenti, quelli che magari sono i più ricercati dai piloti amatoriali di droni che spesso non conoscono quale sia il contesto (pericoloso) in cui muovono gli apparecchi. 
“Queste strutture richiedono adeguata protezione aerea con un raggio di circa un chilometro – ha spiegato Daniele Pastore, responsabile della base operativa di Foggia della Etruria Volo, una scuola per piloti di velivoli e droni, unica in Capitanata e tra le pochissime in Puglia – per evidenti ragioni legate alla possibilità di far recapitare al loro interno materiale vietato, come stupefacenti o cellulari come visto anche di recente. Su questi territori è direttamente il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria a gestire le richieste di autorizzazione debitamente circostanziate, con la partecipazione dell’Ente Nazionale Aviazione Civile che gestisce e regola praticamente tutto il settore”.

L’altro centro con aree interdette, molto più ampie, è Foggia, sia per la presenza della sua casa circondariale, ma soprattutto per quella dell’aeroporto Gino Lisa, la cui operatività è sensibilmente aumentata dopo l‘attivazione dei voli di linea della compagnia Lumiwings. 
Ma ancora di più in questo caso, bisogna sapere che c’è una serie infinita di norme, vincoli e adempimenti da rispettare, e quindi non si può andare a zonzo. E’ questione di sicurezza, per la quale devono essere garantiti altissimi requisiti di libertà di movimento degli aeromobili in fase di decollo e atterraggio, compresi naturalmente quelli privati o con rotori. 
“Tutte le aerostazioni hanno zone di questo tipo – ha aggiunto Pastore - naturalmente di dimensioni adeguate a quelle che sono le caratteristiche del territorio e pure della tecnologia disponibile a terra. Nel caso del Gino Lisa, si tratta di una struttura che consente il cosiddetto ‘avvicinamento strumentale’, e quindi si può andare oltre il volo a vista. In ogni occasione sono individuati tre perimetri che hanno al centro proprio la pista, e a Foggia la zona interdetta è un rettangolo che misura 2,5 chilometri per 6. Più al largo di quelle rossa, c’è poi un’area di colore arancione grande 4 chilometri per 10 dove c’è la possibilità di volare fino a 25 metri di altezza, e infine una zona gialla di 15 chilometri per 8, con volo consentito fino ai 45 metri da terra, ferme restando determinate condizioni del circuito di traffico”.
In buona sostanza, si tratta di livelli altimetrici piuttosto precisi e per i quali esistono delle norme rigide a carattere europeo e nazionale. 
“Volare nella no fly zone con un drone non è sempre vietato – ha precisato Pastore – perché è possibile sottoporre all’Enac una precisa e circostanziata richiesta, con una tempistica non inferiore a 45 giorni rispetto al giorno in cui si vorrebbe svolgere un’attività. Naturalmente, se l’istanza dovesse riguardare le riprese di un matrimonio, tanto per fare un esempio banale e piuttosto diffuso, sarebbe piuttosto difficile ricevere un’autorizzazione, mentre in caso di rilievi su monumenti e aree archeologiche su iniziative istituzionali (Soprintendenza, enti pubblici, etc) è sicuramente più facile, così come nel caso di ricerche speciali che hanno bisogno di riprese dall’alto, magari in occasioni di incendi boschivi con la contemporanea presenza di elicotteri”.

Ma se ci sono norme per il volo, ci saranno anche categorie che devono applicarle. E infatti non tutti possono (o potrebbero) guidare questi apparecchi, perché esistono tre livelli di attestati da conseguire prima di alzare un drone di un peso compreso tra 250 grammi e 25 chili.
“Recentemente è stato introdotto un nuovo regolamento europeo per il loro rilascio – ha aggiunto Pastore – che prevede quello base denominato Open (a Lucera sono in pochissimi a possederlo, ndr), per il quale è già necessario svolgere un periodo di formazione teorica e pratica con esame finale, poi c’è lo Specific che ha caratteristiche molto più elevate e professionali e infine c’è il rarissimo Certified che prevede anche il trasporto di persone”.

Ma come per tutto quello che riguarda la circolazione stradale, anche in questo campo, oltre alla “patente” del conducente accreditato e riconosciuto dalle autorità, ogni velivolo deve essere dotato di “targa”, cioè un QrCode associato direttamente al suo pilota che deve munirsi pure di apposita assicurazione. Fatte le norme, però, di controlli in giro ce ne sarebbero pochissimi, con il risultato di vedere diversi cosiddetti amatori divertirsi a “svolazzare” dove non si dovrebbe e senza adeguata preparazione tecnica e conoscenza delle disposizioni che, per giunta, prevedono un’altezza massima di esercizio di 120 metri, anche in zone libere. In caso di violazioni accertate, però, le conseguenze sono pesanti, si rischia l’arresto e un’ammenda fino a 1.032 euro, perché si tratta di materia da Codice penale per ipotesi di reato che vanno dalla inosservanza del Codice della Navigazione, fino alla tentata strage in caso di avvicinamento ad aerei in volo. Per i possessori di attestato, inoltre, è prevista una sospensione temporanea del suo utilizzo.

Riccardo Zingaro

(Luceraweb – Riproduzione riservata)

Condividi con:

0,0308s.