Il silenzio della Paisiello mette paura

La lacrima scappata alla prima esibizione alla Carnegie Hall di New York, il debutto alla Scala di Milano, la macchinetta fotografica che cade dalle mani della madre al concorso pianistico internazionale di Montréal che la catapultò nell’Olimpo dei pianisti, al quale fu convinta a partecipare dal suo maestro di conservatorio, Benedetto Lupo.
Ricordi di Beatrice Rana in una nuova intervista a tutta pagina sul Corriere della Sera del 6 marzo scorso.
Di origini salentine, di Copertino per la precisione, la pianista 30enne suona nei teatri e nei festival più prestigiosi al mondo che, giustamente, si contendono la sua presenza, che da sola porta sold out e titoli di giornali.
Tuttavia, saranno poche decine, forse pure meno, le persone che si ricordano di una 15enne dai lunghi capelli castani che una sera del 2008 si esibì nella Sala concerti Paisiello di Lucera strabiliando il pubblico con la sua bravura. Era il 12 aprile e quella ragazza - che Luceraweb battezzò “fenomeno” – era proprio Beatrice Rana.
La volle nel cartellone della 25esima stagione concertistica il direttore artistico della “Paisiello”, Francesco Mastromatteo. Quell’anno, tra i nomi importanti, spiccavano quello del tenore Andrea Binetti (reduce dal successo televisivo di “Ci vediamo in TV ”, trasmissione condotta da Paolo Limiti, dove era interprete fisso di operette) e di Andres Diaz, stella americana del violoncello, che a Lucera offrì un’anteprima del suo concerto a Roma.
Beatrice Rana era un talento emergente e Mastromatteo ne intuì la portata forse prima di altri e la propose al pubblico di intenditori degli Amici della Musica, con il benestare della presidentessa Elvira Calabria, innamorata del pianoforte e della musica a tal punto da trasformarsi in una vera mecenate.
E così, la giovanissima Beatrice si esibì in un repertorio che abbracciava quattro secoli di storia della musica: dal barocco al romanticismo, dal post-romanticismo all’impressionismo con brani di Bach (Preludio e Fuga), Schumann (Theme sur le nom Abegg), Mendelssohn (Fantasia in Fa diesis min, Op. 28), Ravel (Gaspard de la Nuit) e Rachmaninoff (Etudes – Tableaux op. 39). Un programma impegnativo anche per musicisti più maturi (anagraficamente), ma che lei affrontò con tale disinvoltura da impressionare la sala.
Si dice che una cosa manchi quando d’improvviso non la si ha più. Non è sempre così. Se una cosa la si quasi ignora apposta per decenni, non se ne avvertirà mai l’assenza. Eppure quel vuoto c’è e può diventare sempre più pesante man mano che il presente si confronta con il passato.
È quanto sta accadendo a Lucera, dove da dicembre 2019 in una bacheca in Piazza Duomo è affisso il manifesto dell’ultimo appuntamento musicale organizzato nella gloriosa sala concerti che sorge alle sue spalle, in Via Bozzini. Cuore della classica in Capitanata, quel luogo è rimasto praticamente chiuso dalla pandemia in poi.
Quasi 40 anni di concerti, certe volte anche più di 20 consecutivi a stagione, con musicisti in cartellone che hanno suonato nei luoghi di cultura più importanti al mondo, la “Paisiello” era il punto di riferimento per la musica colta. Quel Benedetto Lupo che Rana cita nell’intervista, un grandissimo pianista, è stato a Lucera più volte, tenendo anche delle masterclass. La settimana scorsa ha inaugurato la nuova stagione dell’Orchestra ICO “Suoni del Sud” al Teatro Giordano di Foggia.
A Lucera hanno suonato artisti italiani e stranieri famosi che accettavano di esibirsi in anteprima o in esclusiva per il Sud Italia: il Primo violino della Scala Francesco Manara, l’Eusebius Quartet di Londra, il Trio di Parma con Enrico Bronzi, il Ten Hagen Quartet da Colonia, il primo violino della Rotterdam Sinfonietta Cordelia Paw, Anton Nel, tra i migliori pianisti nel panorama concertistico americano, Marianne Gedigian, primo flauto della leggendaria Boston Symphony, una delle migliori orchestre del pianeta, il Quartetto Mirò, primo gruppo nella storia a ricevere l’Avery Fischer Grant, il più ambito riconoscimento nel mondo della classica USA, Bion Tsang violoncellista due volte premiato al Tchaikowsky di Mosca e Joseph Puglia, primo violino dello Schoenberg ensemble di Amsterdam, solo per citare le ultime stagioni.
Lucera era diventata la nuova capitale della musica da Camera, tanto che alcuni musicisti dicevano di sì solo alla “Paisiello” per il prestigio che aveva conquistato l’associazione e per la particolare accoglienza che la professoressa Calabria, sostenuta dalla sua famiglia, donava generosamente agli artisti. Negli ultimi anni la città era invasa da studenti americani che seguivano masterclass nei locali della famiglia Calabria-Di Ruberto. Lucera era proiettata ai massimi livelli, ma pochi lo hanno capito.
La “Paisiello” ha avuto la rara capacità di incidere culturalmente sul territorio, contribuendo alla formazione musicale di un pubblico particolarmente attento e recettivo, che ne capiva davvero di classica e apprezzava le proposte artistiche. E adesso che la sua attività si è fermata, il silenzio fa paura.
Nel frattempo, quella ragazzina di Copertino è cresciuta ed è diventata una pianista di fama mondiale, mentre Lucera, che 15 anni fa la accolse come un talento emergente, ha smesso di respirare.
Enza Gagliardi
(Luceraweb – Riproduzione riservata)
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