21/03/2023 09:09:06

Tumore alla prostata nemico battibile

Il tumore alla prostata nel nostro Paese è il più diffuso nella popolazione maschile; esso, infatti, corrisponde quasi a un quinto del totale delle neoplasie che riguardano gli uomini con più di 50 anni. Nel corso degli ultimi decenni, per altro, si è assistito a un aumento significativo dell’incidenza di questo cancro. Va detto comunque che la crescita delle diagnosi si spiega in modo particolare con l’adesione in crescita ai programmi di screening. Come si può scoprire grazie al sito andreacocci.com, la precoce individuazione di questo tumore ha fatto sì che a cinque anni dalla diagnosi la percentuale di sopravvivenza dei pazienti sia superiore al 90%.

La diffusione del tumore
Nel 2020 sono stati più di 36mila gli uomini che hanno dovuto fare i conti con una diagnosi di cancro alla prostata. Il rischio più elevato riguarda gli uomini con più di 50 anni, o con più di 45 anni se si tratta di soggetti che hanno familiarità di primo grado per neoplasia prostatica: in altre parole, persone che hanno fratelli o il padre già colpiti dalla malattia. È stato poi rilevato che un rischio più elevato di diagnosi di tumore in stadio avanzato riguarda gli uomini di etnia africana.

Come si caratterizza il tumore alla prostata
All’interno della prostata sono presenti diverse ghiandole di piccole dimensioni, formate da acini e dotti, che sono dei piccoli tubicini. Nella ghiandola ci sono, poi, varie tipologie di cellule che in teoria possono essere cancerosi. Quasi tutti i tumori prostatici coinvolgono gli acini: proprio per questo motivo si parla di adenocarcinomi di tipo acinare. Tale carcinoma, in sette casi su dieci, riguarda la porzione periferica della ghiandola: per questo motivo lo si può riscontrare anche attraverso l’esplorazione rettale. Ci sono forme tumorali diverse che si contraddistinguono per differenti livelli di aggressività. Le variabili in gioco sono molteplici: per esempio la tipologia di cellula coinvolta, ma anche lo stadio. Può essere infatti che la neoplasia sia confinata unicamente alla prostata o che, invece, abbia già generato delle metastasi ad altri organi o ai linfonodi. C’è da considerare infine il grado del tumore, vale a dire la differenza fra il tessuto tumorale e quello normale.

Ci sono dei campanelli d’allarme che è importante non sottovalutare?
Purtroppo, almeno nelle prime fasi, quello alla prostata è un tumore di tipo asintomatico. Si pone il sospetto in virtù della palpazione della ghiandola che viene effettuata per via rettale, mentre un altro indice da non sottovalutare è quello del valore del PSA, l’antigene prostatico specifico. Il PSA è un enzima che viene generato dalle cellule che ricoprono i dotti della ghiandola e gli acini; è possibile dosarlo attraverso un normale prelievo del sangue. La diagnosi del tumore alla prostata inizia, quindi, con l’esplorazione rettale, con il dosaggio del PSA e con la raccolta della storia clinica del soggetto. Se si rileva un sospetto clinico, è consigliato lo svolgimento di una risonanza magnetica multiparametrica, attraverso la quale è possibile identificare le aree sospette. A seconda di ciò che viene indicato dalla risonanza magnetica multiparametrica, poi, è possibile stabilire se è il caso di eseguire una biopsia ed eventualmente come procedere. Infatti, i campioni di tessuto della prostata possono essere prelevati unicamente nelle aree sospette messe in evidenza dalla risonanza oppure in più punti.

Quali sono le soluzioni terapeutiche
Le opzioni da prendere in considerazione variano in base al livello di rischio della neoplasia, che può essere alto, intermedio o basso. I parametri da valutare per definire il grado sono cinque: lo stadio della malattia, il valore del PSA, il grado di aggressività del tumore, la quantità di prelievi positivi alla biopsia prostatica e la presenza di noduli riscontrata all’esplorazione rettale. In presenza di una neoplasia a basso rischio, si può optare per la sorveglianza attiva. Vuol dire che non si interviene subito, ma si sceglie di monitorare il paziente in maniera costante con biopsie prostatiche, visite mediche e dosaggi del PSA. Se la malattia peggiora, poi, si passa a un trattamento attivo, che comunque può anche essere scelto per decisione diretta del paziente: così si procede con la rimozione della prostata, che viene effettuata per via chirurgica.

Red. 

(Luceraweb – Riproduzione riservata)

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