La lotta alla mafia comincia a scuola

In provincia di Foggia le vittime indirette di mafia sono in numero purtroppo crescente. Michele Panunzio e Giovanna Belluna, Daniela Marcone, solo per citare quelle più attive nell’esercizio di testimonianza diretta e concreta della loro tragica esperienza di vita che, da quasi sei anni a questa parte, coinvolge anche Arcangela Petrucci e Marianna Ciavarella, mogli di Aurelio e Luigi Luciani trucidati in un agguato di mafia il 9 agosto 2017, poiché ritenuti testimoni scomodi dell’omicidio di Mario Luciano Romito e Matteo De Palma, i veri obiettivi dei sicari che hanno agito nei pressi della vecchia stazione di San Marco in Lamis.
Ma quella mancata testimonianza dei mariti è stata rilanciata e moltiplicata dalle due donne che hanno letteralmente cambiato vita, ora manifestando in prima persona il dissenso alla cultura mafiosa che avvolge il territorio di Capitanata a ogni latitudine, dal Gargano al Tavoliere, passando per la maggiori città della provincia.
Nella giornata che ha ricordato il 31esimo anniversario della strage di Capaci, nel nome di Giovanni Falcone, Arcangela Petrucci e Marianna Ciavarella sono state ospiti dell’istituto comprensivo Bozzini-Fasani di Lucera. Hanno incontrato gli alunni delle terze classi della secondaria di primo grado che nelle ultime settimane si sono cimentati in un lavoro didattico, tra ricerca ed espressioni artistiche, finalizzato a far maturare la consapevolezza della legalità, come valore da esaltare, difendere e praticare, cominciando dalle piccole azioni quotidiane.
Alla presenza del maggiore Marco Vivaldi, comandante della locale Compagnia dei carabinieri, si sono trasformate loro stesse in docenti (e Petrucci lo è davvero) per insegnare ai ragazzi l’importanza di non voltarsi mai dall’altra parte, cosa che, per loro stessa ammissione, facevano anche loro prima della tragedia che è entrata direttamente nelle loro famiglie.
“La mafia è entrata a casa nostra – ha detto Ciavarella che ha escluso il perdono per un gesto i cui autori materiali sono ancora ignoti - mentre fino a un minuto prima avevo classificato quell’agguato come una questione che riguardava solo i criminali della zona. Abbiamo capito solo dopo che queste vicende riguardano invece tutti, è un fenomeno sociale che ci deve interessare. La nostra testimonianza è semplice, perché vuole raccontare la storia delle nostre famiglie perbene che stavano solo svolgendo il loro lavoro nei campi. La memoria dei nostri mariti prosegue nei nostri figli, i quali sanno già di dover essere maggiormente determinati nelle scelte personale, e soprattutto liberi di poter parlare”.
“La nostra bellissima terra non deve più essere alla mercè dei criminali – ha aggiunto Petrucci – e questi orrori non diventino la normalità. La normalità è invece essere liberi, cosa che stiamo insegnando ai nostri figli senza avere più paura. Non voglio più avere paura perché ne ho già avuta, ma non posso più tirarmi indietro, anche se ho pensato di scappare di notte, ma sarebe stata una sconfitta. Noi cerchiamo di dare il nostro contributo affinché si capisca meglio la differenza tra bene e male, e che la lotta alla mafia ha bisogno dell’unità delle persone. A voi ragazzi dico di studiare, è la mafia che ha paura della scuola e della sua capacità di formare le coscienze e favorire l’autonomia di giudizio, e vi esorto a non ricorrere ad alcol e stupefacenti, perché non ne avete bisogno”.
Entrambe hanno sostanzialmente rivelato che la loro “sopravvivenza” psicologica a due tragedie familiari oggettivamente inspiegabili (e senza una risposta giudiziaria) è stata quella di proiettare sui rispettivi figli l’esempio dei padri, cosicchè la memoria diventi esempio concreto di comportamento.
“Quella di oggi è stata una straordinaria lezione di vita – ha commentato il dirigente scolastico, Pasquale Trivisonne – e forse neanche noi eravamo capaci di immaginare la potenza del messaggio che sarebbe arrivato da due persone come Arcangela e Marianna che sono venute a insegnarci, per certi aspetti, come si sta al mondo”.
Due anni fa, proprio nella stessa data che rappresenta la Giornata nazionale della Legalità, la scuola aveva pubblicato un video dal titolo “I martiri silenziosi”, una sorta di carrellata di ritratti delle vittime recenti della mafia, con una testimonianza diretta proprio di Marianna Ciavarella. Il lavoro, coordinato dalla docente Annarita Iatesta, è finito anche all’attenzione della Presidenza della Repubblica.
Riccardo Zingaro
(Luceraweb – Riproduzione riservata)