Chiude una scuola e si apre una contesa (cittadina)

Sulla paventata soppressione dell’istituto comprensivo Bozzini-Fasani di Lucera ha cominciato a muoversi anche la politica locale. Il primo appuntamento pubblico è stato quello di una seduta della commissione consiliare competente sulla Pubblica Istruzione, durante la quale è stata sentita direttamente Maria Raffaella Lamacchia, la dirigente regionale del settore.
E’ a Bari, infatti, che è stata redatta una bozza di revisione della geografia scolastica, sulla base dei parametri assegnati dal Governo nazionale, con una media cittadina di 925 alunni spettante alla Puglia dove, in pratica, dovrebbero essere cancellate 58 “autonomie”, con una complessa operazione di accorpamenti e fusioni che coinvolge anche Lucera. La città arriva solo a sfiorare quel limite, fermandosi a 910 per quanto riguarda il ciclo didattico fino alla secondaria di primo grado.
Mentre la dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale, Maria Aida Episcopo, ha parlato di una “operazione dolorosa”, Lamacchia ha detto fondamentalmente due cose, descrivendo sia il metodo che il merito di questa vicenda: “La Regione non si è rassegnata all’accettazione di quel decreto che è stato contestato e contrastato, perché non ci è stata data possibilità di negoziazione. E quindi è stato impugnato davanti al Tar, assieme ad altre regioni che la pensano come noi. E’ evidente che ora ci aspettiamo entro novembre una sospensiva del provvedimento con conseguente suo congelamento, ma in caso di non accoglimento del ricorso era opportuno farsi trovare pronti con un ragionamento e un successivo piano di attuazione, perché altrimenti si rischiava di essere pure commissariati. In quel caso non ci sarebbe stato alcun altro margine di valutazione, mentre ora possiamo dire che quella bozza diffusa rappresenta un punto di partenza sul quale si può ancora lavorare, visto che è stata confezionata dai nostri uffici e non è ancora passata alla valutazione politica. Alla fine dovrà essere la Giunta regionale, in effetti, a dire la parola definitiva, pur rimanendo invariato il numero di scuole da sopprimere”.
Il sindaco Giuseppe Pitta non ha escluso la votazione di una delibera di Consiglio comunale che racchiuda tutte le istanze del territorio, motivando con attenzione quali siano i problemi che provocherebbe un provvedimento di chiusura del genere, rivelando di aver cominciato a comunicare con Bari per capire quali margini ci siano, senza però nutrire forti speranze di esclusione di Lucera da questo nuovo giro negativo per la città. “E’ una situazione che non ci fa certo piacere”, ha detto all’inizio dell’incontro.
Insomma, almeno in linea teorica, c’è tempo per aprire una trattativa, esplorare situazione che potrebbero escludere Lucera almeno a questo giro e soprattutto per fare una proposta alternativa cittadina, questione su cui si è aperto un serrato dibattito, visto che alla riunione hanno partecipato quasi tutti i dirigenti scolastici o rappresentanti degli istituti cittadini.
Considerando che la scelta fatta a Bari, almeno per l’anno scolastico 2024-2025, è stata quella di non esaminare le situazioni dei piccoli Comuni soprattutto montani o ipotizzare tagli su scuole in centri che avevano già una precisa identità, si è scatenato una sorta di tutti contro tutti, con estensione anche ai Monti dauni. L’innesco è stato dato da Pasquale Trivisonne, il capo della scuola lucerina che resta in bilico, il quale ha evidenziato che ci sono dati sbagliati in relazione alla popolazioni degli istituti superiori cittadini, e soprattutto ha definito “senza senso la decisione di salvaguardare i Comuni montani, visto che poi a Lucera ci saranno scuole da quasi 1.400 alunni e a Biccari ne frequentano meno di 300”.
L’altra figura apicale cittadina, Francesca Chiechi del Tommasone-Alighieri, ha evocato l’incertezza normativa a cui ogni anno bisogna sottostare: “Succede ogni volta tutto e il contrario di tutto, e noi rimaniamo alle prese con le difficoltà gestionali”.
Fortemente contraria anche la collega del Manzoni-Radice, Maria Concetta Bianco, che ha chiesto direttamente alla dirigente Lamacchia come sia possibile “assicurare un’adeguata qualità dei servizi, con popolazioni di queste dimensioni, determinate da parametri altissimi che difficilmente possono essere rispettati. In questo modo – ha aggiunto – presto si avranno altre soppressioni”.
E su questo aspetto si è soffermato anche Emanuele Faccilongo, direttore amministrativo del Convitto Bonghi, l’unico istituto pugliese, assieme al Cirillo di Bari, ad avere uno status speciale non eliminabile. “Io penso che si debba guardare al sacrificio dell’Itet Vittorio Emanuele III che ha meno di 600 alunni – ha detto, in attesa dell’insediamento ufficiale del nuovo rettore, Antonella Falco – perché è ancora possibile accorparlo al Convitto che ha già indirizzi tecnici e professionali. In caso contrario, l’anno prossimo saranno affrontate le situazioni delle superiori, e con quella popolazione non ce la farà a sopravvivere, con il rischio concreto di essere accorpata addirittura a qualche scuola di Foggia. Comunque sia, era stato varato un piano di dimensionamento per i Monti dauni, c’era anche l’assenso delle comunità, ma poi il Covid ha fermato tutto e non si è saputo più niente”.
Sulla questione è intervenuto anche il consigliere comunale Giuseppe De Sabato, con un passato professionale da Provveditore provinciale agli Studi. “Anche io penso che l’intervento sui Monti dauni sia solo rimandato perché inevitabile – ha detto – perché ci troviamo di fronte a capienze assolutamente lontane tra loro con Lucera. Poi rilevo qualche anomalia decisionale in Salento e soprattutto un dato incontrovertibile: la città di Foggia ha quindici scuole dello stesso tipo ma ne viene soppressa una come a Lucera. Numericamente mi sembra altamente improbabile e soprattutto inammissibile”.
Riccardo Zingaro
Vedi anche: L’integrazione scolastica ‘rischia’ di partire bene
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