Le scuole cittadine sul tavolo della politica

E’ appena cominciata una partita più che altro politica sull’ipotesi di soppressione dell’istituto Bozzini-Fasani di Lucera. E non a caso, la prossima settimana una delegazione della minoranza a Palazzo Mozzagrugno, guidata dal consigliere regionale Antonio Tutolo, andrà a mostrare all’assessore regionale Sebastiano Leo quelle che per ora sembrano solo delle anomalie, ma che potrebbero essere decisive in vista dei successivi provvedimenti che comunque a livello pugliese prevedono in questo giro la diminuzione di 58 “autonomie” in vista di settembre 2024. La Regione, infatti, ha diffuso una bozza (a seguito di norma nazionale) che interessa anche la città che esprime una media alunni dei tre istituti di 910, a fronte di una necessità di 926.
Sulla questione si sono già sollevate le proteste del Consiglio della scuola di Viale Raffaello ed è stata registrata la netta contrarietà dei tre dirigenti del primo ciclo, così come di tutte le forze politiche.
A prendere una posizione più netta ora è praticamente la minoranza consiliare (Giuseppe De Sabato, Vincenzo Checchia, Davide Colucci, Francesca Niro, Francesco Aquilano, Raffaele La Vecchia, Fabrizio Abate, Francesco Di Battista, Pasquale Colucci, Franco Ventrella e Francesco Russo) che ha firmato un documento presentato all’assemblea cittadina con il quale contesta il merito e il metodo di un percorso che tuttavia attende ancora il pronunciamento del Tar, invocato da alcune regioni italiane (come la stessa Puglia) che hanno impugnato il decreto del governo Meloni, e pure una trattazione politica con la quale definire gli assetti città per città e provincia per provincia, con decisione finale di competenza della Giunta di Michele Emiliano.
Anzitutto viene evidenziato un risvolto occupazionale del quale sono a conoscenza solo gli esperti del settore, ma è opinione comune che tra gli effetti di accorpamenti, fusioni ed aggregazioni di scuole ci sarebbe una diminuzione di posti di personale docente ed Ata.
“Gli organici ‘aggregati’ portano inevitabilmente a questo – hanno riferito i consiglieri comunali - proprio perché le classi verrebbero calcolate sommando con metodi ‘ragionieristici’ gli alunni delle scuole accorpate e non per singola istituzione scolastica fisica”.
Dal punto di vista politico, invece, l’analisi riferisce che nel Piano regionale “vengono colpiti i Comuni medio-grandi con più scuole del primo ciclo, mentre vengono esclusi i piccoli, anche se annoverano scuole con 200-300 alunni. E quindi viene da chiedersi se una volta effettuato questo taglio nel 2024 e, dovendo ancora proseguire per il futuro e breve e medio termine, non si debba subito porre mano a tagli che interesseranno anche i Comuni montani o con una sola scuola, visto si che dovrà comunque arrivare a 557 scuole pugliesi nel 2026. A questo punto, era decisamente meglio fare riferimento a un quadro complessivo e non limitato come considerato finora”.
E poi c’è l’approfondimento tecnico: “Lucera viene trattata alla stessa stregua di Comuni come Lecce che ha una media di 792 alunni, Foggia con 760 e Trani 821 – si legge nel documento – che si vedono ridotte le scuole di una sola unità al pari di Lucera che arriva fino a 910. La scelta operata, quindi, non appare congrua, né risulta rispondente a quanto previsto dalla legge finanziaria, non risulta equa rispetto a quanto deciso per altri grandi centri e non tiene conto del lieve discostamento della media di alunni delle nostre scuole del primo ciclo rispetto all’indice regionale. E una più attenta analisi dell’offerta formativa sul territorio potrebbe portare a un riequilibrio anche fra le tre istituzioni scolastiche che assicurerebbe il mantenimento dell’autonomia”.
Per il momento, la dirigente del Dipartimento regionale per l’Istruzione, Maria Raffaella Lamacchia, è stata irremovibile nella sua interlocuzione con il mondo politico locale, invitando a proporre una soluzione alternativa riguardante però sempre Lucera. In un recente seduta della commissione consiliare una proposta era pure venuta fuori, cioè quella di accorpare l’Itet Vittorio Emanuele III, con tutti i suoi indirizzi tecnici, al Convitto Bonghi che opera già nel settore professionale, tra servizi alberghieri, industria e artigianato. Secondo quanto emerso dai dati, l’istituto di Via Dante (che l’anno prossimo compirebbe 100 anni) non avrebbe vita lunga con i suoi meno di 600 alunni.
Ma questa eventualità viene rigettata dalla minoranza: “Non è rispondente al Piano regionale – è la risposta – e poi rappresenta un grave vulnus per quella scuola che negli ultimi due anni ha ampliato la sua offerta formativa, aumentato gli alunni e il numero delle prime classi. La ventilata proposta di fusione con il Convitto non trova allo stato attuale giustificazione alcuna, anche perché si renderebbe difficoltosa la gestione dei due segmenti dell’istruzione, quello tecnico e quello professionale, che presentano approcci didattici e logistici nettamente diversificati anche in relazione alla diversa dislocazione geografica”.
r.z.
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