Appalti truccati tra Foggia e Bari

Nuovo terremoto nel settore appalti sulla direttrice Bari-Foggia e rispettivi province. Stamattina, la Guardia di finanza del capoluogo regionale, con il supporto di personale del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, hanno eseguito 11 misure cautelari tra Puglia, Campania, Molise e Lazio nei confronti di altrettante persone, con tre arresti (uno in carcere e due ai domiciliari) e otto interdizioni (sei destinatari della sospensione dall’esercizio di pubblici uffici per la durata di 12 mesi e due del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione sempre per 12 mesi).
Il provvedimento è firmato dal gip del tribunale di Bari, su richiesta della locale Procura della Repubblica che aveva chiesto altre 12 decisioni, tuttavia rigettate. Nell’occasione c’è stato anche il sequestro dei beni nella disponibilità di due soggetti indagati per corruzione, per un valore complessivo di circa 100 mila euro. Le altre ipotesi di reato riguardano proprio la corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio e turbata libertà degli incanti, per fatti commessi tra settembre 2019 e febbraio 2021.
Le fiamme gialle ritengono di aver scoperto collaudato meccanismo di “addomesticamento” e “manipolazione” di procedure di gara inerenti a lavori eseguiti nella città metropolitana di Bari e in diversi Comuni della provincia di Foggia, grazie alla compiacenza di alcuni pubblici ufficiali, da cui si rileverebbe un “quadro inquietante di collusione e mercificazioni seriali della funzione pubblica”.
Le investigazioni traggono origine da alcune dichiarazioni rese ai finanzieri da una persona informata sui fatti, concernenti i rapporti intercorsi tra un imprenditore di Lucera e un dirigente pubblico, nel corso dei quali i due
avrebbero concluso accordi corruttivi aventi a oggetto alcune gare di appalto indette da una struttura commissariale. I conseguenti approfondimenti investigativi, condotti mediante il ricorso a indagini tecniche, analisi dei tabulati telefonici, servizi di osservazione, controllo e pedinamento, perquisizioni, riscontri documentali, escussioni in atti e accertamenti patrimoniali, avrebebro consentito di costruire un quadro indiziario di presunti reati contro la Pubblica Amministrazione.
La figure centrale sarebbe quella di Antonio Di Carlo, 62 anni di Lucera e finito in cella, con la collaborazione della figlia Carmelisa (32 anni, detenuta ai domiciliari) in tutte le vicende illecite oggetto del procedimento penale. I dialoghi intercettati avrebbero fatto emergere addittura ordini a un sindaco o indicazioni precise nella formazione di commissioni aggiudicatrici, individuando preventivamente i partecipanti alle gare, al fine di escludere concorrenti effettivi, il tutto dopo aver ricevuto con largo anticipo informazioni precise sui lavori che sarebbero stati affidati.
Secondo i militari, in un breve arco temporale, Di Carlo sarebbe stato il protagonista di una “fitta quanto articolata trama corruttiva”, come ricostruito puntualmente dagli investigatori con riferimento ad almeno cinque episodi, nei quali sarebbe stata accertata la consegna di 60.000 euro al soggetto attuatore di una struttura commissariale operante in Puglia, quale corrispettivo per
garantire l’aggiudicazione di un appalto integrato concernente la realizzazione di lavori in bacini idrografici. In questo contesto, emergerebbe il ruolo di “mediatore” di un dirigente del Coni, Sergio Schiavone, 60 anni di Benevento e posto ai domiciliari. Altri 5.000 euro sarebbero andati a un componente della commissione giudicatrice del suddetto appalto, il quale avrebbe “alzato”
artificiosamente il punteggio dell’impresa vincitrice; altri 5.000 euro a un funzionario della Regione Puglia, per avere orientato le scelte e le decisioni sugli interventi da finanziare privilegiando gli enti locali rispetto ai quali vi era un interessamento dell’imprenditore all’affidamento di lavori; altri 36.000 euro al componente della commissione giudicatrice di una gara, avente ad oggetto l’esecuzione di un intervento di adeguamento sismico in una scuola primaria, quale corrispettivo per l’attribuzione di un punteggio maggiore all’offerta tecnica presentata; infine 3.000 euro a un Rup per ottenere l’affidamento di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria del demanio idrico superficiale.
“La circostanza che il corruttore avvertisse, al contempo, la necessità di annotare le tangenti corrisposte – scrivono i finanzieri – ne attesterebbe, da un lato, la pluralità delle stesse, dall’altro la normalità della prassi delittuosa, tale da richiedere una vera e propria contabilizzazione al pari dei pagamenti leciti. Significativo rilievo, ai fini investigativi, ha assunto l’utilizzo da parte dei soggetti indagati, al fine di rendere più difficoltosa l’individuazione delle dazioni corruttive, di espressioni gergali, quali, ad esempio, caramelle, ossigeno, sciangè, polizze e documenti”.
Nel corso delle investigazioni sarebbero state, inoltre, accertate sistematiche turbative d’asta, in relazione a sette procedure, riguardanti altrettanti Comuni dell’entroterra foggiano, pressochè sovrapponibili per l’identico modus operandi adottato. Nello specifico, Di Carlo avrebbe preventivamente individuato le ditte partecipanti alle gare, avendo cura di sceglierle tra quelle sprovviste dei requisiti tecnici o comunque non in grado di “dargli fastidio” nella fase di aggiudicazione delle singole commesse. Sarebbe pure emerso un collaudato sistema collusivo, che prevedeva la spartizione degli appalti in maniera coordinata con l’avallo di funzionari pubblici titolari dei poteri decisori in ordine all’indicazione dei lavori e alla scelta dei contraenti.
Red.
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