Lucera Capitale secondo Lucera non Tace

La posizione dell’Associazione “Lucera non tace” è notoriamente critica nei confronti dell’Amministrazione Pitta, e una nuova conferma si registra a seguito della proclamazione della nuova Capitale della Cultura 2026, assegnata alla città de L’Aquila. Negli ultimi giorni il dibattito a livello locale si è rivelato quasi del tutto privo di spessore, non riuscendo ad andare oltre dichiarazioni basate sull’estetica dei luoghi o addirittura raggiungendo picchi di complottismo di carattere soprattutto politico, quelli che avrebbero visto prevalere il capoluogo abruzzese soprattutto per la sua evidente connessione con il partito della premier Giorgia Meloni.
In attesa di cominciare a conoscere alcuni aspetti del dossier di candidatura, che sarà presentato stasera alle 19 alla biblioteca comunale, “Lucera non tace” aveva già rilevato una serie di questioni che non avrebbero sortito l’effetto sperato in funzione di una possibile vittoria.
“Ci pare di aver ascoltato più che altro belle parole – ha attaccato il gruppo guidato da Francesco D’Angelo - come ‘futuro, presente, crocevia di popoli e culture, coprogettazione, giovani al centro’, lette asetticamente come da copione. Oppure abbiamo appreso di una cordata di oltre cento imprenditori da parte del presidente del Comitato dei Promotori, ma non abbiamo capito dove siano le imprese culturali e creative. Si è parlato vagamente di raccolta fondi, senza specifica nessun progetto culturale concreto né avviato né pianificato nel dettaglio. L’audizione è densa di oniriche fughe in avanti, infarcita di frasi ad effetto, condita con una progettualità improvvisata e poco credibile perché slegata dal contesto esistente, ossia da un “cantiere culturale” già avviato con le radici ben piantate nella storia e nel patrimonio locale. In sostanza, un elenco di progetti che anche la commissione ha interpretato come una sorta di libro dei sogni. Pure il video spot è stato presentato come il contenitore del senso della candidatura: una banale carrellata oleografica e poco empatica di Lucera, nient’altro. Il finale di Fabrizio Gifuni almeno è stato magico ed emozionante, la sua voce ci ha fatto sognare, toccando le corde più profonde della nostra emotività. Il mancato coinvolgimento dei cittadini, inoltre, si vede dal dossier di candidatura tenuto segreto fino alla fine, e questa esperienza dimostra ancora una volta che, oggi, nell’amministrare la cosa pubblica, non c’è spazio per l’improvvisazione, per i magheggi e la ricerca di inutili scorciatoie. Ma questa iniziativa ci lascia anche uno slancio, un sussulto d’orgoglio, relazioni embrionali che potrebbero trasformarsi in stimolo concreto affinché ognuno cominci a fare la propria parte nell’ambito delle responsabilità pubbliche e private che gli competono. Oggi il contesto lucerino e dei Monti dauni è degradato ma ancora vivo, e non ha bisogno di maghi d’improvvisazione, di vanesi pavoni o di rapaci meteore appariscenti solo in vista di lauti banchetti. C’è bisogno di operose formiche organizzate e non di pavoni o di rapaci avvoltoi. Solo la saldatura tra la progettualità lungimirante di una classe dirigente responsabile e la quotidiana operosità di tutta la comunità rigenerata da un percorso civico di crescita individuale e collettiva le potrà garantire un futuro dignitoso. In conclusione, abbiamo bisogno di una classe dirigente illuminata e lungimirante, dotata di una ritrovata etica sociale, capace di una progettualità concreta, organica e coinvolgente che coniughi utilizzo e tutela delle risorse locali nei settori di agricoltura, territorio e patrimonio culturale, abbiamo bisogno di fare rete per creare relazioni solide e comunità su cui costruire progettualità condivise di sviluppo locale, c’è bisogno di maggiore senso civico, impegno alla partecipazione e alla cittadinanza attiva come collante essenziale per una comunità coesa e formata da cittadini consapevoli, e infine non devono mancare in tutti operosità, umiltà e coscienziosità”.
r.z.
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