Il Tar Lazio bacchetta il Comune sui 26 alloggi
Il testo è lungo 11 pagine, è firmato da una vecchia conoscenza reciproca tra il Comune di Lucera e il presidente della prima sezione del Tar Lazio, Orazio Ciliberti (che già si è occupato più volte, quando era in Puglia, di questioni relative a Palazzo Mozzagrugno), ma potrebbe essere racchiuso in poche parole: avete tutti torto e avete fatto tutti una brutta figura amministrativa e gestionale.
La sentenza dei giudici amministrativi stavolta riguarda la conduzione del dossier della realizzazione dei famosi 26 alloggi in zona 167, contornati da un grande rondò che dovrebbe regolare diversamente la viabilità del quartiere. A distanza di cinque anni non si sono ancora visti né gli uni, né l’altro, e nel frattempo è proseguito il procedimento giudiziario scaturito dall’impugnazione, da parte dell’allora Amministrazione Tutolo, di una delibera del Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione risalente proprio agli stessi giorni di autunno 2019 quando il cantiere fu avviato.
Da Roma avevano chiesto di vederci chiaro sulla gara d’appalto, aggiudicato nel 2018 dalla Provincia di Foggia alla Edil Costruzioni di Stornarella (la stessa che sta lavorando al liceo Bonghi per un importo di oltre 9 milioni di euro), ritenendo la procedura in contrasto con le norme relative all’offerta tecnica e alla relativa attribuzione di punteggio, invocando risposte da Corso Garibaldi sui motivi che avrebbero impedito, “alla luce del lungo tempo trascorso dall’esordio della procedura, utili iniziative volte a definire, per quanto consentito, più tempestivamente, la vicenda, risultando in tal senso non rispettati i principi di economicità, efficacia e tempestività che reggono l’affidamento e l’esecuzione dei contratti di lavori”.
In pratica erano trascorsi oltre dieci anni dall’inizio degli interventi del Contratto di Quartiere (approvato nel 2005) finanziato in totale con 5 milioni di euro, e quindi l’Anac voleva capire di più, anche a seguito di segnalazione del Comitato 167 (costituito nel giudizio) che sta portando avanti l’altra complicata questione dei conguagli sui suoli su cui sono state costruite centinaia di abitazioni. Per questo caso, la Cassazione si è pronunciata recentemente rinviando ad altra sezione di Corte di Appello per la quantificazione delle somme da riconoscere all’ente che negli anni 80 aveva espropriato i terreni per fare spazio ai palazzi.
La contrapposizione è arrivata alla decisione del rigetto del ricorso da parte del Tar che lo ha ritenuto inammissibile, dopo aver censurato soprattutto il comportamento “tecnico” messo in atto dal Comune, perché in buona sostanza quella iniziativa dell’Anac era incentrata su una richiesta di informazioni a titolo di vigilanza sulla vicenda, senza alcuna valenza di provvedimento vero e proprio, e quindi senza una eventuale attitudine lesiva che si sarebbe potuta manifestare solo successivamente e a seguito di opportuni approfondimenti che al momento restano comunque inevasi, perché la documentazione richiesta non è mai stata prodotta.
Da qui l’affondo della Corte su quanto pensato e fatto al Comune, definendo l’iniziativa giudiziaria “repentina ed inusitata”, senza prima aver cercato di far valere le proprie ragioni, anche di dissenso, in sede istruttoria, cioè all’interno del procedimento stesso, ignorando di fatto la richiesta di documentazioni avanzata che peraltro non ha portato Anac ad adottare finora alcuna sanzione in merito, atteggiamento a sua volta criticato dal Tar che ha ravvisato inerzia.
“La condotta dell’Amministrazione ricorrente si appalesa contrastante con il canone della buona fede e della correttezza – è scritto nella sentenza - che rileva non solo sul piano sostanziale e/o procedimentale, ma anche su quello processuale, allorquando la iniziativa si appalesi logicamente inconciliabile con il contegno tenuto in sede procedimentale. Inoltre, il Comune, in violazione dei principi generali di lealtà e solidarietà nei rapporti intersoggettivi, non ha provveduto a tempestivamente fornire riscontro alla richiesta interlocutoria, anche ed eventualmente allo scopo di manifestare le proprie ragioni di dissenso, rivelando mancata collaborazione”.
La durezza della posizione del Tar è ancora più visibile in questa frase: “La giurisprudenza da tempo riconosce la vigenza di un principio generale di divieto di abuso del diritto, inteso come categoria diffusa nella quale rientra ogni ipotesi in cui un diritto cessa di ricevere tutela, poiché esercitato al di fuori dei limiti stabiliti dalla legge”.
La particolare natura della controversia, tuttavia, ha portato a disporre la compensazione delle spese legali tra le parti, circostanza che per il Comune di Lucera significa dover pagare parcelle ai due avvocati incaricati per una somme che sarebbe superiore ai 20 mila euro, somma che a questo punto non è escluso possa finire pure alla valutazione della Corte dei Conti.
Riccardo Zingaro
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