30/09/2024 19:45:47

Botte al carcere di Foggia, la procura non molla

Sembra ci siano tutti i presupposti per una richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di Foggia per i 14 indagati coinvolti nell’inchiesta in vengono ipotizzati una serie di reati commessi nel carcere di Foggia ad agosto dell’anno scorso. A distanza di sei mesi da quei clamorosi arresti di dieci agenti di polizia penitenziaria, è stato notificato a tutti l’avviso di conclusione delle indagini, a seguito della definizione delle contestazioni da parte del pm Pietro Iannotta di tortura, abuso di autorità, concussione, tentata concussione, falso ideologico, omissione di atti di ufficio soppressione di atti, calunnia, favoreggiamento, danneggiamento e omissione di referto medico. 
Nella sua richiesta, il pubblico ministero aveva parlato di “diffusissimo clima di omertà, quando non di fattiva collaborazione nell'ostacolare le indagini, con capacità di ottenere la collaborazione di detenuti differenti dalle persone offese, al fine di depistare le indagini e di intimidire le stesse vittime delle violenze”.
Risultano coinvolti, ma sempre rimasti a piede libero, il medico della casa circondariale Antonio Iuso di 71 anni di Foggia, i colleghi Romolo Cela di 72 anni di Foggia, e Francesco Balzano di 69 di Lucera, e la psicologa della struttura, Stefania Lavacca di 47 di Cerignola.
Gli altri finirono tutti ai domiciliari, poi rimessi in libertà nelle diverse fasi giudiziarie degli ultimi mesi: l’ispettore Giovanni Di Pasqua, 56 anni di Foggia, i sovrintendenti Vincenzo Piccirillo, 53 anni di Stornarella, e Vittorio Vitale, di 54 di Lucera dove risiedono anche la vice ispettrice (e dirigente nazionale del sindacato Sinappe) Annalisa Santacroce di 47 anni, l’agente scelto Flenisio Casiere di 38 anni, gli assistenti capo coordinatore Nicola Calabrese di 50 e Massimo Folliero di 52, l’assistente Raffaele Coccia di 38, gli agenti Pasquale D'Errico di 28 e Giuseppe Toziano di 26. 
Quasi tutti si dicono innocenti o hanno ammesso una parte residuale delle condotte rilevate e avallate dal gip Carlo Protano, gestite poi dal punto di vista difensivo dagli avvocati Giacomo Grasso, Giuseppe Perrone, Pio Gaudiano, Alfonso Schiavone, Michele Di Gaetano, Angelo Caggiano, Simone Moffa, Diego Petroni, Rudy Cavallone e Antonio Santacroce.

La procura stava indagando da almeno sei mesi sulla vicenda, partita da una lettera ricevuta pochi giorni dopo i fatti denunciati, uscita direttamente da Via delle Casermette, scritta dalla presunta persona offesa ma in una busta strategicamente riportante il nome di un altro detenuto che avrebbe assistito almeno in parte a quanto sarebbe accaduto, così da non destare sospetti nella verifica della corrispondenza. Le indagini avrebbero poi fatto emergere gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli indagati, indiziati di aver partecipato con ruoli diversi a un pestaggio compiuto l’11 agosto 2023 nei confronti di due detenuti, di cui uno in condizione di fragilità. Contestualmente all’aggressione, altri due sarebbero stati inoltre arbitrariamente sottoposti a misure di rigore non consentite. Nel corso delle investigazioni sarebbe stata documentata la predisposizione e la sottoscrizione di atti falsi finalizzati a nascondere successivamente le violenze perpetrate e a impedire che venissero emesse a carico delle persone offese le diagnosi delle lesioni riportate. Sarebbero state, inoltre, accertate minacce e promesse di ritorsioni attraverso le quali due indagati avrebbero costretto le vittime a sottoscrivere falsi verbali di dichiarazioni, in cui era riportata una versione dai fatti smentita dagli esiti delle indagini.
Sono diverse le circostanze da chiarire, come la ricerca messa in atto senza esito da parte di un paio di indagati delle immagini nella sala regia della struttura, oppure la sparizione di una pagina del registro sanitario relativa proprio a quei giorni convulsi in cui i detenuti si erano fatti visitare, oppure ancora la discordanza tra i verbali fatti fermare dalle presunte vittime dell’aggressione e quanto raccontato successivamente, oppure ancora le dichiarazioni rese da alcuni degli indagati quando erano ancora persone informate sui fatti, rispetto a quanto affermato nelle intercettazioni telefoniche a cui sono stati sottoposti, parlando anche con un ex appartenente al Corpo ma evidente punto di riferimento di molti degli arrestati.

Red. 

(Luceraweb – Riproduzione riservata)

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