Al carcere di Lucera è vietato annoiarsi
Un carcere non è certo un luogo paradisiaco, tanto meno ci si può rilassare più di tanto, sia per chi è costretto a starci, sia per chi ci lavora al servizio dell’utenza. Ma si può trovare il modo di convivere bene, peraltro fornendo svariate opportunità di recupero, che poi altro non sarebbe che la mission di strutture del genere. Solo che, secondo quanto viene fuori da numerosi penitenziari vicini e lontani a quello di Lucera, certe cose non sono così scontate. E invece in Piazza Tribunali è piuttosto difficile registrare situazioni di elevata criticità, per una serie di ragioni che vanno dalle dimensioni più contenute dell'ex casa circondariale, alla tipologia di detenuti che non presenta certamente livelli considerevoli di spessore criminale, finendo a un aspetto che potrà sembrare banale e retorico ma è la realtà riscontrabile: al suo interno non ci si annoia mai.
Non è certo tutto facile, anzi, anche perché la capienza di 135 posti viene messa a dura prova dalla presenza di 170 carcerati, ma quella che emerge dei commenti della dirigenza della struttura è la soddisfazione di riuscire a proporre situazioni di crescita personale, anche grazie a una grande risposta che la popolazione locale garantisce praticamente da sempre, con una frequente mobilitazione di ogni tipo e con svariati interventi di volontariato che di fatto rendono quella cittadella, chiusa per definizione, un luogo aperto al resto della città e in continuo interscambio di emozioni e condizioni.
E adesso si fa anche teatro, lo si è visto due giorni fa con una vera e propria rappresentazione animata, condotta e gestita per la quasi totalità dagli stessi reclusi, accompagnati e guidati da Gabriella Aufiero (essa stessa in scena con il figlio) che è a capo della compagnia parrocchiale di San Pio X, i cui elementi sì erano già esibiti a giugno scorso, mentre i detenuti hanno assistito solo come pubblico. Stavolta otto di loro, come gruppo denominato “Pezzi unici”, si sono messi di fronte ai compagni di cella, protagonisti della piece "Ho visto la morte in faccia", durante la quale hanno mostrato tempi comici sorprendenti e capacità espressive che forse non credevano essi stessi di avere, al termine di un percorso di alcune settimane durante le quali hanno lavorato sui testi, sugli oggetti di scena, sui costumi e sull'adattamento di un apparato da ricavare pur sempre nell'area comune al coperto in cui di solito ci si intrattiene durante le giornate normali.
E invece per questa occasione quell'ampio corridoio (su cui si affaccia anche la cella-monumento in cui fu detenuto per tre volte Giuseppe Di Vittorio nel 1911, 1921 e 1941) si è trasformato in un teatro con ordinata platea, sulle cui sedie sono rimasti a ridere e divertirsi diverse decine di "residenti" assieme a ospiti esterni, tra insegnanti, volontari e membri del sodalizio teatrale del quartiere periferico di Pezza del Lago, promosso a sua volta dal parroco don Rocco Coppolella che non nasconde di attribuire a questa attività una funzione terapeutica per la sua stessa comunità.
E i benefici si sono visti e sentiti, applauditi anche dalla direttrice dell'istituto, Immacolata Mannarella, in sede da circa un anno, e dalla responsabile delle attività educative interne, Simona Salatto, sotto lo sguardo vigile ma discreto e certamente collaborativo del personale della polizia penitenziaria, guidato da Roberto Sgarra.
Del resto, è stato proprio il giovane detenuto protagonista della recita ad evocare in apertura i temi della speranza e della partecipazione, affermando che “l’arte ha il potere di trasformare le persone, favorendo la loro espressività e l’inclusione sociale, e la creatività che ci viene sollecitata per noi è anche una specie di via di fuga”.
Alla fine dello spettacolo, che ha previsto pure l'immancabile intermezzo musicale tra gli atti, con due degli stessi "attori" che si sono esibiti con voce e chitarra, è venuta fuori l'intenzione di partecipare al premio indetto proprio qualche giorno fa dall'associazione intitolata alla memoria di Maurizio Costanzo che seleziona, tramite una commissione presieduta dal regista Pino Strabioli, gruppi teatrali del genere e in grado di mettere in scena opere originali. Il vincitore avrà il privilegio di esibirsi direttamente al Teatro Parioli di Roma dove il giornalista e autore ha scritto pagine di storia del costume e della società italiana.
Un'idea che si innesta in un ambiente di grande fermento visibile nell'ex convento francescano in cui in effetti succede un po' di tutto, con un attivismo positivo che passa anche dalla disponibilità ad assicurare una piccola manutenzione di ambienti e impianti da parte di chi dispone di competenze tecniche e artigianali, e soprattutto si concretizza negli aspetti didattici. Primariamente c’è l'offerta di tre piani scolastici secondo i rispettivi livelli di preparazione e apprendimento stabiliti dal Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti, a cui si è aggiunta la recente novità della formazione di una classe di una ventina di "alunni" iscritti al primo anno dell'indirizzo professionale alberghiero, vera e propria sede distaccata (interna) della scuola annessa al locale Convitto Bonghi.
E poi c'è tutto un nuovo sistema di carattere culturale declinato con un laboratorio di lettura e un progetto di gestione diretta della biblioteca del carcere, assieme ad incontri di orientamento al lavoro affidati a Smile, l'agenzia di formazione accreditata alla Regione Puglia che si occupa proprio di politiche occupazionali.
Non manca ovviamente l'attenzione ai bisogni, magari di qualcuno alle prese con problemi di alcol e droga, la cui presenza in comunità del genere è numericamente fisiologica. Per loro, attraverso il Servizio per le Dipendenze Patologiche, c'è un supporto psicologico fisso, e per tutti c’è la possibilità di partecipare a un progetto di educazione alla salute che coinvolge sempre più persone interessate alla materia, del resto in grado di incidere pure sull'autostima e sulla maggiore considerazione di sé come cittadini facenti parte di uno Stato nel quale devono rispettare anche le norme contro la violenza sulle donne, argomento per il quale c’è un approccio specifico.
Riccardo Zingaro
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