Altieri vuole decuplicare i rifiuti

La ditta Altieri di Lucera opera da quasi 20 anni anni nella sua struttura di località Ponte Carlone, nei pressi della SP.109, in attività di trattamento e recupero rifiuti speciali non pericolosi (inerti) già autorizzata fino al 2029 su una superficie di 3.000 metri quadri. Nei giorni scorsi ha presentato alla Provincia di Foggia, competente in materia, con la modalità della procedura semplificata, un progetto di incremento dei quantitativi da conferire nel suo impianto, passando da 3 mila a 30 mila tonnellate all’anno, senza né incremento di tipologie e/o codici specifici, né modifiche strutturali del sito.
La motivazione dell’iniziativa è stata data dalla crescente domanda di servizi del genere, a seguito di demolizioni e costruzioni, e della coltivazione delle locali cave di pietra, e quindi per l’occasione è stata chiesta la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, secondo un studio preliminare realizzato dal geologo Luca Salcuni.
Nello stabilimento ci possono finire rifiuti di ferro, acciaio e ghisa, rifiuti di metalli non ferrosi o loro leghe, spezzoni di cavo di rame ricoperto, laterizi, intonaci e conglomerati di cemento armato e non, comprese le traverse e traversoni ferroviari e i pali in calcestruzzo armato provenienti da linee ferroviarie, telematiche ed elettriche e frammenti di rivestimenti stradali, purché privi di amianto, rifiuti di rocce da cave autorizzate, sfridi e scarti di prodotti ceramici crudi smaltati e cotti, sfridi di laterizio cotto ed argilla espansa, sabbie esauste, conglomerato bituminoso, frammenti di piattelli per il tiro al volo, sabbie abrasive di scarto e granulati, rottami e scarti di mole abrasive, pietrisco tolto d'opera, pietrisco di vagliatura del calcare, scarti da vagliatura latte di calce, terre e sabbie esauste di fonderia di seconda fusione dei metalli ferrosi, terre da coltivo, derivanti da pulizia di materiali vegetali eduli e dalla battitura della lana sucida, terre e rocce di scavo, secondo rispettivi quantitativi già stabiliti per singolo elemento.
Il soggetto privato ha fatto notare che nel resto il suo impianto di frantumazione può arrivare a gestire anche 1.600 tonnellate al giorno, per cui risulta molto sovradimensionato per i quantitativi attuali e anche per quelli richiesti. Dal punto di vista logistico, invece, è stato calcolato un flusso di dieci autocarri al giorno, tra entrata e uscita, distribuiti sui 300 di lavoro annuale stimato, durante i quali il materiale viene sostanzialmente frantumato in varie misure, vagliato e separato per tipologia, per poi essere avviato verso lo smaltimento del fine vita o le successive richieste industriali.
“Considerato che l’impianto è esistente e il progetto, così come proposto, non prevede ampliamenti strutturali ma un solo aumento dei quantitativi dei rifiuti in ingresso e considerato che nell’area avente alta pericolosità idraulica non si svolgerà alcuna attività, si può desumere che gli effetti conseguenti da tale modifica sono ad impatto nullo – si legge nell’istanza aziendale – e da un’analisi delle singole componenti ambientali e paesaggistiche è dunque possibile sostenere che non si ravvisano elementi che possano incidere negativamente sia in area vasta sia in area di intervento, tale per cui si ritiene che si possa attribuire all’intervento proposto un grado di compatibilità accettabile pressoché nullo”.
r.z.
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