‘Gatta non l’ho scelto io’

L’ormai famosa lettera di Fabrizio Gifuni sta provocando sconquassi politici, mediatici e personali anche maggiori rispetto a quanto lo stesso attore forse potesse immaginare. Dopo la sua uscita pubblica, ha poi chiuso ogni comunicazione, affidandosi al silenzio che in effetti aveva già preannunciato nella chiusura della missiva.
Giuseppe Pitta invece negli ultimi giorni ha dovuto incassare parecchi colpi, anche politici, visto che di quella clamorosa decisione è stato chiamato a rispondere da alcuni esponenti della sua maggioranza, comunque finora rimasta esclusa da qualsiasi processo decisionale che il sindaco ha sempre avocato a sé.
Ma se è vero che l’obiettivo primario della missiva era il coordinatore di Lucera Capitale, quel Pasquale Gatta che si dovrebbe occupare della parte più tecnica e organizzativa con incarico annuale personale di 31 mila euro condito dalla tredicesima mensilità, è altrettanto vero che il primo cittadino è il suo garante politico.
Tuttavia Pitta è arrivato incredibilmente a proferire questa frase a Luceraweb: “Gatta non l’ho scelto io, è il risultato di una evidenza pubblica”.
E’ un’affermazione falsa, è facilmente dimostrabile, ma è soprattutto il segnale evidente di una condizione di crisi, anche dialettica, visto che lunedì mattina, a distanza di 48 ore dall’esplosione del caso, aveva provato a difendersi in maniera bislacca dopo aver cercato di tenere nascosta quella comunicazione, circostanza rivelata da Luceraweb. Aveva detto di essere dispiaciuto e di confidare in un ripensamento, che non c’è stato nemmeno dopo la telefonata di Michele Emiliano fatta a Gifuni negli Stati Uniti. Anche su questa circostanza Pitta ha voluto precisare di non aver chiesto nulla al presidente della Regione, il quale sarebbe stato quindi autore di un’iniziativa personale. Nel frattempo il sindaco sta girando i salotti buoni della città per giustificare la sua condotta e rilanciare le sue intenzioni. Ha inoltre espresso a Luceraweb l’amarezza della “fine indegna” di un’esperienza che aveva lasciato chiaramente un segno nel panorama culturale cittadino, sebbene meno profondo di quanto abbiano sempre fatto credere i promotori.
Una cosa che Pitta sa fare benissimo, invece, è metterla sempre sul piano politico ed elettorale, anche quando questo aspetto non c’entra nulla, a meno che non arrivi a pensare che Gifuni voglia fargli qualche guerra all’ultimo voto. E quindi ha provato a distogliere l’attenzione dalle questioni culturali, dicendo alla maggioranza che sono tutte strumentalizzazioni animate da un gruppetto di avversari. E molti di questi gli hanno creduto o comunque stanno cercando di fare quadrato intorno a lui, perfino il Partito Democratico locale che finora non ha toccato palla, perché sovrastato da quello provinciale e regionale che l’ha fatta veramente da padrone, con incarichi, compensi e affidamenti diretti per centinaia di migliaia di euro riconducibili tutti a persone e aziende di area dem, a partire proprio da Gatta.
Tre giorni fa c’erano state comunque le dimissioni di Lucilla Calabria, una componente del direttivo cittadino che però le ha respinte con grande soddisfazione della diretta interessata (con un post su Facebook poi stranamente cancellato), la quale prima aveva lamentato il silenzio assordante del suo partito sulla questione, e poi è tornata nei ranghi sebbene nessuno abbia comunque proferito parola, a partire dal segretario locale Ivano Di Matto.
Solo successivamente il capogruppo in Consiglio, Antonio Dell’Aquila, ha provato a dire qualcosa, ma peggiorando ulteriormente la situazione: “Resta un tentativo maldestro di implicare il Pd in vicende strettamente gestionali che la legge e gli incarichi affidano a terzi e per i quali io e molti altri abbiamo appreso solo leggendo gli scoop giornalistici e i retroscena che ne hanno accompagnato le cronache recenti - ha scritto - e a Lucilla va dato atto di essersi ritratta da un tentativo di strumentalizzazione da parte di chi sta cercando un altro osso da masticare”.
Quindi il capogruppo (che è anche presidente dimissionario della commissione Cultura) del partito di riferimento di Lucera Capitale, che esprime anche il vice sindaco e tre consiglieri comunali, afferma che non sapeva nulla di tutto quanto stesse accadendo: se fosse falso sarebbe ridicolo, se fosse vero sarebbe inquietante, soprattutto per gli elettori del Pd che sostengono candidati nel ruolo autodichiarato di comparse politiche su argomenti di grande interesse collettivo.
E quindi è sempre colpa di qualcun altro, mentre è la finalità di questa vicenda di Lucera Capitale a essere stata sempre un’altra. Lo abbiamo scritto dal primo minuto della partenza della giostra, ovviamente da soli, e altrettanto ovviamente siamo stati additati per strada, sui social e in Consiglio comunale come i nemici della città, i disfattisti, quelli che non consentono di fare niente. In verità hanno anche cercato di avvicinarci economicamente, tentativo che abbiamo vanificato senza aver voluto nemmeno ascoltare la proposta preparata per noi.
Registriamo che soltanto nelle ultime settimane, diciamo dal 15 marzo in poi, molta più gente ha cominciato a rendersi conto, anche se tanta altra continua a far finta di non capire o vedere, oppure non è ancora in grado di comprendere l’essenza dell’operazione: abbiamo mostrato atti, abbiamo fatto nomi e cognomi, abbiamo rivelato aspetti che altrimenti sarebbero rimasti segreti (e quello del tentativo di non divulgare la lettera di Gifuni non è stato certamente il primo), abbiamo ricostruito percorsi politici ed elettorali.
Le informazioni su tutta l'operazione Lucera Capitale sono state somministrate col cucchiaino. L'apertura degli occhi e delle orecchie da parte di un numero crescente di lettori, seppur graduale, ci conforta e ci spinge a proseguire, perché crediamo fermamente che la conoscenza sia il primo passo verso una partecipazione autentica e informata.
Riccardo Zingaro
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