La festa sacra e profana di San Basilide

San Basilide è uno dei primi martiri cristiani. Lo sanno in pochi, ma lo sanno bene gli appartenenti alla polizia penitenziaria che ieri hanno festeggiato il loro patrono anche a Lucera. Lo hanno fatto spostandosi solo di qualche metro, ritrovandosi nella basilica di San Francesco che sorge accanto al carcere, con le due strutture da sempre legate non solo fisicamente ma anche spiritualmente, visto che, per esempio, la comunità dei frati minori conventuali assicura da secoli la presenza di un proprio rappresentante dietro le sbarre. Uno per tutti, San Francesco Antonio Fasani, la cui cella fino a qualche anno fa faceva parte integrante della casa circondariale.
La messa celebrata da don Rocco Coppolella è servita sia per salutare padre Alex Carrillo in procinto di lasciare la città dopo sei anni di permanenza e quattro di assistenza religiosa tra le celle, sia per rimettere insieme nello stesso luogo personale in servizio e in pensione (con diverse famiglie al seguito), in un momento di devozione, auto affermazione e pure convivialità, tra scambi di simboli, annunci e manifestazioni di orgoglio.
A rappresentare il Corpo c'erano soprattutto il comandante in pectore Michele Morra e quello attuale (ma in uscita) Saverio Brienza, assieme a diversi ufficiali e sottufficiali.
“Il nostro è un lavoro duro ma da svolgere con professionalità e impegno - ha dichiarato quest'ultimo nel suo discorso – e a Lucera tutto il personale, anche quello amministrativo, si adopera con grande senso di responsabilità, raggiungendo massimi livelli di efficienza con un profondo riconoscimento della indispensabile funzione sociale attribuita al Corpo. La nostra fierezza viene guadagnata con sacrificio e abnegazione, restituendo risultati di soddisfazione oggi da condividere tra tutti e da trasmettere alle nuove generazioni”.
La cerimonia è stata conclusa dalla direttrice dell'istituto, Immacolata Mannarella, la quale ha ringraziato la città in generale, con la tanta gente e le numerose associazioni che prestano la propria opera a beneficio dei circa 170 detenuti attuali in Piazza Tribunali, ha rivendicato le attività di miglioramento degli ambienti anche grazie all'apporto del lavoro manuale dei reclusi, pur evidenziando la carenza di almeno una ventina di agenti rispetto alla pianta organica di 91 per un carcere che da qualche anno è stato sostanzialmente convertito alla gestione di reati legati alla violenza contro le persone, con un sistema educativo e di trattamento di grande efficacia e per certi aspetti sperimentali, così come si deduce dai progetti specifici che vengono attuati al suo interno.
“Sono numerosissime le iniziative culturali, ricreative e sportive realizzate nell’anno – ha confermato la dirigente - che hanno raggiunto la saturazione degli spazi fisici e delle risorse umane per la gestione della organizzazione interna, come si comprende dalla quantità di collaborazioni di cui abbiamo potuto beneficiare. E poi abbiamo grande dedizione per i due progetti destinati all’anima oltre che alla mente delle persone che ci sono affidate, autori di reati di violenza di genere e sui minori. Vogliamo così svolgere fino in fondo il nostro ruolo rispetto a fenomeni che rappresentano, specie il primo, altrettante emergenze sociali che ci interpellano sul significato profondo e sulla necessità dell’azione rieducativa cui siamo chiamati per mandato istituzionale. Perché prima o poi si termina di scontare la pena e si torna liberi, ed è una priorità e un fondamentale servizio alla società civile lavorare perché queste persone capiscano, e uscendo dal carcere siano diventati capaci di assumere comportamenti diversi, socialmente accettabili”.
Riccardo Zingaro
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