Sull’ospedale Lastaria c’è chi dice no

Due voci dal centro-destra puntano il dito contro la gestione recente dell’ospedale Lastaria di Lucera, specie dopo le recenti tensioni e polemiche a proposito della carenza di personale del reparto di Oncologia.
L’Udc provinciale, per esempio, attraverso il presidente Giulio Capobianco, ha espresso forte preoccupazione per il progressivo declino della struttura. “L’ospedale è stato da sempre considerato un punto di riferimento per la sanità nell'area dei Monti dauni ma oggi è gravemente compromesso a causa di scelte politiche inadeguate e promesse non mantenute. La storia affonda le sue radici dalla Giunta regionale guidata dall’allora presidente Nichi Vendola che avviò una politica di tagli indiscriminati alla sanità pubblica. Il Lastaria ha subito pesanti ridimensionamenti, con una drastica riduzione dei posti letto e la messa in discussione della sua stessa sopravvivenza. L’accorpamento al Policlinico non ha sortito gli effetti sperati e infatti questo ha ulteriormente eroso la sua capacità operativa, con la chiusura di reparti essenziali e la riapertura di un Pronto Soccorso carente di personale e risorse. Ci troviamo di fronte a una struttura moderna e funzionale che purtroppo si avvia inesorabilmente alla paralisi. Operano tutti in condizioni precarie e con una cronica carenza di personale medico, di attrezzature adeguate, di una governance adeguata. Le conseguenze di questa deriva sono drammatiche per un bacino di utenza di oltre 50.000 persone, che si vedono negato il diritto fondamentale alla salute. Il sovraccarico del Riuniti, poi, determina attese insostenibili, con pazienti costretti a permanere per giorni al pronto soccorso in condizioni di disagio e sofferenza. In questo scenario desolante, le promesse di interventi tampone, come l'annunciato arrivo di due nuovi medici per il reparto di Oncologia di Lucera, appaiono come l'ennesimo tentativo di placare le proteste e di guadagnare consenso in vista delle imminenti elezioni regionali. Non è certo questo il modo di affrontare alla radice il problema. Chiediamo un impegno concreto per un piano di rilancio complessivo e strutturale che includa il ripristino e il potenziamento dei reparti depotenziati, l'adeguamento delle risorse umane, l'investimento in tecnologie avanzate, e la riorganizzazione dei servizi per migliorare i percorsi di cura. Il diritto alla salute dei cittadini non è un lusso ma un diritto inalienabile”.
Sulla vicenda ha preso posizione anche il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Giannicola De Leonardis: “Chi oggi si straccia le vesti, ed è parte integrante del centrosinistra che malgoverna la Regione Puglia, rispetto alle purtroppo oggettive carenze di personale sanitario dell’ospedale di Lucera, dovrebbe ricordare la genesi per cui, oggi, il Lastaria sconta gravi e ataviche problematiche. Il nosocomio rientra nel cosiddetto Decreto Ministeriale 70 che prevede la presenza di ospedali in aree disagiate, fu privato della propria autonomia proprio dai governi cittadini e regionali di centrosinistra che, con un piano di riordino ospedaliero, lo hanno reso parte integrante del Policlinico di Foggia. E quanto fallimentare sia la gestione della sanità del centrosinistra oggi lo dimostrano i possibili collassi dei reparti di oncologia e cardiologia che rischiano di rimanere senza medici. L'ospedale di Lucera dovrebbe essere punto di riferimento per la città, per i Monti dauni e dovrebbe essere utile a decongestionare quello del capoluogo. Invece non accade nulla di tutto questo e resta un avamposto costantemente e colpevolmente abbandonato da parte di chi dovrebbe occuparsene affrontando il problema della inadeguatezza numerica del personale sanitario che costringe interi reparti ad operare quotidianamente in affanno. Senza dimenticare che si continua ad alimentare quella ‘mobilità passiva’ che costringe i cittadini a migrare verso altre strutture sanitarie al di fuori dei confini provinciali e regionali con un conseguente ed evidente aggravio di costi per la Puglia. Il Lastaria si regge soltanto grazie al sacrificio quotidiano e allo spirito di abnegazione del personale sanitario e amministrativo che ci lavora, è quindi l’ennesimo esempio di fallimentare gestione della materia sanitaria del centrosinistra che si dimostra incapace di mettere nelle condizioni una struttura ospedaliera strategica di poter svolgere efficacemente il proprio servizio. Il tutto sulla pelle dei cittadini e in danno del loro diritto alla salute e a cure adeguate”.
L’ultima dichiarazione è del movimento civico Puglia Popolare, che a livello locale è guidato da Antonella De Peppo: “L’ospedale Lastaria è il il simbolo del fallimento politico del centrosinistra nella sanità pugliese. Chi oggi grida allo scandalo sulle gravi carenze di personale, dimentica (o finge di dimenticare) chi ha portato il nostro presidio sanitario in queste condizioni: gli stessi esponenti del centrosinistra che oggi amministrano la Regione e ieri hanno deciso di togliere autonomia al Lastaria, rendendolo una semplice appendice del Policlinico di Foggia. Questa è la conseguenza diretta del piano di riordino ospedaliero firmato da governi cittadini e regionali guidati sempre dallo stesso colore politico. E oggi ne paghiamo il prezzo più alto: reparti strategici come oncologia e cardiologia che rischiano il collasso per mancanza di medici, mentre i cittadini dei Monti dauni sono costretti a spostarsi fuori provincia e regione, aggravando i costi della sanità pubblica e alimentando la mobilità passiva. Il Lastaria dovrebbe essere un presidio forte, al servizio del territorio, per alleggerire il carico di Foggia e invece è stato abbandonato, lasciato senza investimenti né visione. Eppure, a tenerlo in piedi, ci sono ancora medici, infermieri, personale amministrativo che con spirito di sacrificio e senso del dovere garantiscono il minimo indispensabile. A loro va il nostro rispetto e la nostra gratitudine. Ma non basta più indignarsi. Serve un cambio di passo radicale. Serve che la politica torni ad ascoltare i territori. Serve che la sanità torni a essere una priorità e non uno strumento di consenso o spartizione”.
Red.
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